venerdì 19 ottobre 2012

The Beginning Is the End Is the Beginning

martedì 10 aprile 2012

Easter Eggs


Quando le sorprese te le vai a cercare.
Se di Lunedì in Albis ti muovi all’avventura può succedere di tutto, capita di arrivare all’Eremo un “noto” agriturismo e di condividere la tavola con una coppia di sconosciuti.
In molti mi avevano parlato di questa piccola “oasi del gusto” immersa nel verde (in realtà destinato al parcheggio) ed è così che è partita quest’avventura. Dopo un’attesa preventivata di un’ora circa a godersi un caldo sole su una delle panchine ci inoltriamo all’interno per soddisfare i nostri palati.
Tavola preparata alla buona, ma va bene così, sotto con l’acqua e vino della casa, delicato (forse un po’ troppo) e rosso rubino, il litro ci basterà per l’intero pranzo.
Diamo per scontati gli antipasti e si arriva al bivio
- Pappardelle melanzane funghi e provola
- Cavatelli funghi e asparagi
Vado per le pappardelle, o meglio per come me le immagino credo siano più adatte.
Credo.

Più tardi dimenticherò quello che ho immaginato.
Servono gli antipasti,
il piatto individuale comprende:
- crudo
- due fettine di salame
- una fettina di formaggio fresco
- una fettina di frittata
- una fettina di pizza ripiena ai broccoli
A parte il crudo ed il formaggio con sapori pieni e robusti il resto era un po’ troppo “prefatto”.

A seguire fagioli all’insalata (buoni), peperoni in umido (veramente buoni), melanzane grigliate sott’olio (senza voto), olive condite (ideali per un appetizer).
I nostri commensali sono una piacevolissima scoperta, la lunga chiacchierata scalda una giornata freddina, e sorvola un antipasto che non è quella cavalcata nel gusto promessa dalle abbondanti aspettative, il vino della casa è molto piacevole da sorseggiare in compagnia dei nostri nuovi “amici”.
Arriva il momento delle pappardelle, quello che mi si presenta davanti è un piatto che contiene un unico blocco indefinito, che per comodità chiamerò pasta al forno, per comodità.
Ora il punto è questo, se volevano evitare di dare l’impressione di un menu turistico, hanno toppato alla grande, quell’amalgama che stoicamente resisteva granitica alla forza di gravità, era l’unica cosa che si reggeva in piedi alla grande montatura culinaria a cui stavamo assistendo. Inizio a mangiare, ed è proprio come pensavo, è riscaldata.
I miei sogni di un gustoso piatto di pappardelle s’infrangono inevitabilmente, me le immaginavo calde, sciolte e disordinate, testimoni della bontà del territorio, sarà stato il sole della panchina.
Non ci sto, vado avanti e puntiamo ad un assaggio di carne, ed anche qui ci imbattiamo in una carne che per carità è buona, dalla fettina alla salsiccia ma forse trattata con un po’ di “frettolosità”, in compenso le patate al sugo di contorno sono davvero buone, ma veramente.
La nostra compagnia è nel vivo di una conversazione che va dalla sociologia della coppia a belle storie di vita vissuta, è stata proprio una bella sorpresa.
Dolce senza infamia e senza lode, la solita nutellotta (piacevole) e un pan di spagna con crema al cioccolato e panna (carino).

Il totale è 23 euro a persona che per me potevano essere onestamente 18, nel compenso credo che si sia pagato quel che abbiamo mangiato, ma da un agriturismo mi aspettavo molto di più. 

mercoledì 15 febbraio 2012

Incontro di vino, ma mica tanto



Serata da Incontro di Vino, una “trattoria” che almeno nel folklore rispecchia la sua categoria. Un locale molto sopravvalutato a mio avviso:


un tagliere “tavolozza” per due persone (24 euro) occupato solo per circa 1/3 da salumi e formaggi (che tra le altre cose non ci sono stati illustrati), il resto era fritturine varie, fettina (molto ina) di frittata di patate, bruschettina con friarielli, il tutto adagiato su una prateria. Due porzioni di parmigiana (e pizzicavano di brutto al palato) costo 4 euro (2 euro a porzione, ma ci sta) una bottiglia di rosso di montalcino frescobaldi del 2009, (20 euro, in rete si trova a 9,63 euro iva inclusa).

Detto questo non si è mangiato male, il problema è che quello che servono non vale quello che si paga (54 euro in totale), come se ti vendessero una panda al prezzo di un suv. In media abbiamo atteso 20 minuti per ordinare, altri 20 per poter mangiare (un tagliere). L’atmosfera e i “modi” non sono il massimo data l’aspettativa che si crea entrando; ormai la ristorazione casertana ha deciso di sorvolare sull’offerta e concentrarsi sui ricavi, spiace perché abbiamo un territorio che offre molto in termini di buona cucina, purtroppo mancano le “menti” che fanno poi la fortuna in altre città.

Note a margine uno cherry (buono, ma altri 15 minuti di attesa) a testa offerto, alla mia seconda esperienza credo che non farà seguito una terza.

Keep calm e se potete imparate a cucinare, che una buona cena a casa propria non è seconda al miglior locale del mondo.

martedì 27 dicembre 2011

la ricerca della perfezione - parte uno


Acquistai la mia copia di Siamese Dream quando avevo 16 anni era maggio, lo ricordo bene perché terminai quel che mi restava dei soldi di quel mese.

Non fu un male.

Nella mia stanza a fissavo quei due dischi sul letto sapendo che significavano dover star fuori dalle scene adolescenziali per un po’. Felice e squattrinato mi immersi nell’ascolto e per primo scelsi proprio siamese dream, chiuso in casa con la mia tshirt di Beavis and Butthead e lettore CD a palla.

Cherub rock fu qualcosa di innovativo, sentire i pumpkins in chiave così psichedelica fu una svolta, quella canzone ha un qualcosa di allucinogeno che non ho saputo ben spiegare, in un certo qual modo crea dipendenza. Il disco aveva una base solida, una magnifica coerenza (anni dopo scoprii che l’album era stato quasi totalmente scritto e registrato solo da Corgan, Iha e D’Arcy non si recarono spesso in studio a causa della rottura della loro relazione, di cui sospettavo, io tifavo per la bionda, “sol levante” era straordinariamente cattivo nelle foto ma nella band non l’ho mai amato). Passeggiavo per la città concentrato sull’ascolto, e quando arrivavo a Rocket e Today era come se tutto diventasse sfocato, si perdessero i contorni di ogni cosa come una foto dai colori accesi e fluorescenti, non fu una comune primavera, fu un alba rock che mi invase, il mio viaggio a ritroso sulle tracce dei pumpkins assomigliava ad una ricerca della perfezione, della canzone che avrebbe fermato il tempo…

Today, non finiva mai.

A scuola tra i banchi riguardavo la copertina, leggevo i testi, ripensavo al disco, alle 9 del mattino ero ancora troppo lontano dalla fine della giornata per poter tornare a casa e godermelo in tutta calma.

Ero contanto, in giro per corridoi chiedevo: “hai sentito gish?”,

“chiii?” mi rispondevano,

come spiegarvi la soddisfazione che provi quando sei fan di uno dei migliori gruppi in circolazione e intorno a te c’è il nulla, sultano nel bel mezzo di un deserto,

non ve lo spiego, diventate fan di una grande band e quando la gente sgrana gli occhi dopo averne pronunciato il nome chiudete gli occhi e godetevi quel leggero solletico alla base della nuca che scivola come olio fino ai piedi,

spallucce e via, cuffie nelle orecchie e Geek USA.

Le giornate passavano e io continuavo a sedere su svariati muretti ascoltando la cavalcata di Disarm e mi chiedevo “come può essere che i Nirvana sono più famosi di questi??”, tutto questo sfociò in seguito in accese discussioni, erano i giorni di “i Nirvana spaccano”, “i pumpkins hanno degli arrangiamenti da paura”, “ma hai sentito smells like a teen spirit?” “ma hai sentito silverfuck?”… pian piano le suole si consumavano e la città diventava sempre più consueta.

Sweet sweet fu un’altra svolta penso di averla ascoltata ininterrottamente per almeno un’ora, e poi Luna, Spaceboy, Hummer con quella sua pausa eccentrica e sussurrata, divoravo il booklet alla ricerca di nomi, strumenti utilizzati, ringraziamenti, cosa aveva reso Siamese dream quello che era? un capolavoro, una bibbia, un verbo del rock. Era come la frase giusta, non c’è bisogno di aggiungere altro, camminavo, mi fermavo, mi sedevo, ascolto… Silverfuck.

Silverfuck, punto

ero divertito dal fragore di questa canzone, era il mio inno generazionale, sfoggiavo un ghigno di soddisfazione, ascoltarla era come un distintivo sul mio petto su cui potevi leggere “ascolto il gruppo più figo del mondo”. Mayonnaise, in tutte le se salse, è bellissima e va bene su tutto.

Soma è uno di quei pezzi che valgono tutto l’impegno economico e fisico profuso, ci sprofondi dentro come Alice, senza mai stancarti di cadere in quel vortice crudo e ancestrale.

Tempo dopo siamese dream non è mai scomparso, nel corso degli anni ha lasciato qualcosa dentro di me, molto in profondità; la spiritualità di ogni traccia, respira ancora indelebile, come le pagine di un diario che non ti stanchi mai di leggere. Ogni canzone è incastonata nel tempo ti aiuta a guardare indietro per sorridere mentre guardi avanti, questo disco è così, una bella foto piena di vita e di ricordi, belli o brutti, pur sempre ricordi.

Era tutto quasi perfetto, quasi.